Una volta il tradimento non era un atto privato, che nasceva e finiva all’interno della coppia: se era la donna a tradire, si parlava addirittura di crimine. Fino a meno di cinquanta anni fa, in Italia, un tradimento femminile poteva rendere legittimo il delitto d’onore, ovvero consentire al marito di poter ‘lavare nel sangue’ il torto subito, attraverso l’uccisione della moglie e/o dell’amante di lei.
Diversa invece era la posizione dell’uomo che, da sempre, usufruiva della possibilità di una doppia morale sociale e familiare, per cui non era importante essere fedele, ma ‘sembrarlo’. Se poi si veniva a sapere che tradiva la moglie con una o più amanti, o con prostitute, la cosa non faceva che accrescere la sua reputazione di ‘maschio’.
Poi si è diffuso sempre di più il matrimonio d’amore e si è sentita l’esigenza di un rapporto esclusivo fra i due partners, desiderosi di trovare nell’altro, in virtù del sentimento d’amore condiviso, tutto quello che poteva essere necessario alla coppia: affetto, sessualità, compagnia, svago, responsabilità familiari ecc.
Tuttavia,ancora oggi il tradimento è parte integrante della nostra vita, o perchè lo subiamo, o perchè lo mettiamo in atto, o magari perchè un amico o un nostro parente si trova a vivere l'esperienza del tradimento.
Ora mi chiedo: chi è più 'normale? la persona che tradisce o pensa al tradimento, o quella che non ha mai avuto nessun desiderio al di fuori della coppia? Dove comincia l'infedeltà? Nel momento in cui si passa all'azione o nel momento in cui si desidera un'altra persona? Si può dire di essere "fedeli" quando si sta tutta la vita con un partner desiderando contemporaneamente di fare l'amore con un altro?
E voi, cosa ne pensate?Scrivetemi la vostra opinione e, ancora una volta, divertitevi a rispondere al sondaggio.